Anniversario: Quando Schrödinger “inventò” l’entanglement

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Schrödinger conia il termine entanglement
Schrödinger conia il termine entanglement

Nel 1935 il fisico austriaco Erwin Schrödinger conia un termine che sarebbe diventato fondamentale per le scienze quantistiche: entanglement. Ma come nasce la parola entanglement?

Tutto inizia con una provocazione. Il 15 maggio 1935, Albert Einstein insieme a Boris Podolsky e Nathan Rosen pubblica su Physical Review un articolo che mette in discussione la completezza della meccanica quantistica. Il cosiddetto Paradosso EPR descriveva un esperimento mentale in cui due particelle, dopo aver interagito, rimanevano misteriosamente connesse anche a distanze enormi. Per Einstein, questo era inaccettabile: significava ammettere che la teoria quantistica fosse incompleta e che esistessero “variabili nascoste” che una teoria più completa avrebbe potuto descrivere.

La risposta non si fece attendere. Nell’ottobre del 1935, Erwin Schrödinger, già Premio Nobel per la Fisica nel 1933 insieme a Dirac, commenta la tesi di Einstein in un articolo in due parti, pubblicato nei Proceedings of the Cambridge Philosophical Society e intitolato Discussion of Probability Relations between Separated Systems. È qui che compare per la prima volta in un testo scientifico la parola entanglement, che tradotta letteralmente significa “intreccio” o “groviglio”. Perché proprio entanglement? Le particelle entangled, intrecciate tra loro come fili, condividono un unico stato quantistico: la misura su una determina istantaneamente il risultato sull’altra, a qualsiasi distanza.

Nella seconda parte del suo articolo, pubblicata nel 1936, Schrödinger approfondisce ulteriormente il concetto, mostrando come un osservatore, compiendo delle misurazioni su una particella di una coppia entangled, possa “guidare” lo stato dell’altra particella in un insieme scelto di stati quantistici.

Schrödinger definisce l’entanglement come il tratto più caratteristico della meccanica quantistica. Ciò nonostante, il fenomeno viene ignorato dalla comunità scientifica per i successivi trent’anni. La maggior parte dei fisici considera le preoccupazioni di Einstein e Schrödinger come questioni filosofiche piuttosto che problemi fisici concreti.

Il punto di svolta arriva solo nel 1964, quando John Bell dimostra matematicamente che è possibile testare l’esistenza dell’entanglement attraverso le disuguaglianze che portano il suo nome. Successivamente, gli esperimenti di Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger confermano definitivamente le previsioni della meccanica quantistica e la realtà dell’entanglement, anche su grandi distanze. Non a caso, nel 2022 Aspect, Clauser e Zeilinger ricevono il Premio Nobel per la Fisica proprio per i loro esperimenti pionieristici con fotoni entangled, che hanno aperto la strada all’era dell’informazione quantistica.

Quel fenomeno, che Einstein chiamava “spooky action at a distance” (azione inquietante a distanza), è oggi alla base delle tecnologie quantistiche più avanzate: dal teletrasporto quantistico alla crittografia quantistica e al calcolo quantistico, dove computer che sfruttano stati entangled potrebbero risolvere problemi impossibili per i computer classici.

Il fisico Erwin Schrödinger

Informal portrait of Erwin Schrödinger - Photo: Francis Simon, © AIP Emilio Segrè Visual Archives

 

Autore: Irene Schillaci

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